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LA BAMBOLA DI CARNE

LA BAMBOLA DI CARNE

Composizione per tre schermi video, corpi, suono e luci basata sul film di Ernst Lubitsch “Die Puppe”, misconosciuto gioiello dell’ espressionismo tedesco (1919) che racconta la storia di Ossi, figlia dell’inventore di Bambole Hilarius, e del suo doppio meccanico. In La Bambola di Carne elementi del film vengono rielaborati in video e inseriti nell’installazione a tre schermi: diventano così la partitura, lo sfondo e il contrappunto per la relazione spaziale e temporale tra i performers e per la narrazione dello spettacolo. Sul palco, alle due bambole virtuali del film si aggiungono le due performers (Marina Giovannini e Letizia Renzini, ovvero la Bambola di Carne e la sua ombra musicale). In questa sinfonia di linguaggi artistici distinti, si riflette sullo spazio e sul tempo, sulle traiettorie del movimento e le sue relazioni con il contesto sintetico, e sulle caratterizzazioni del corpo “muto”, il corpo riprodotto tecnicamente (attraverso il cinema, la grande rivoluzione del secolo scorso) e reso simbolo dalla luce, che del cinema è l’essenza e la materia prima.

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“E’ una possibilità di relazione e di riappropiazione tra la concretezza del corpo e la sintesi digitale, quella che Renzini ricerca con La Bambola di Carne, una “(…) nuova coreografia di trasformazioni digitali e sovrapposizioni che utilizza tecniche di ripresa e montaggio per costruire un potente e spesso ironico racconto di strane tautologie, paesaggi magrittiani animati, abitati da un sarcasmo femminile e sovversivo, ma fruibile e avvincente)*.
L’impronta femminile, evidente in tutto lo spettacolo, si sprigiona nel leggiadro sarcasmo e nella la potenza disarmata del corpo, nel suo abitare la musica e le immagini. Questa impronta rivive nella collaborazione con Marina Giovannini: sono il suo corpo di carne e la sua visione coreografica a ricucire la polifonia di segni. “Siamo davanti ad un lavoro che scava felicemente in un’ interpretazione primi ‘900 dell’ignoto e prende in giro le fantasie maschili, trasportando il film di Lubitsch in una performance multimediale derivante da un’estetica sonora definita “djing”, o –come la chiama Paul Miller aka dj Spooky– la “rhythm science” del missaggio. E’ un’estetica ibrida che ricompone strati di significati storici e psicologici in un complesso collage culturale di identità confuse, dove il virtuale diventa reale e il reale sparisce dietro un velo”*.
* (Johannes Birringer, Brunel University)

 

 

Concept, Regia, Live mix, Video: Letizia Renzini

Coreografia dance: Marina Giovannini

Video design e post produzione: Gregory Pétiqueux, Raffaele Cafarelli

basato sul film muto “DIE PUPPE”, di Ernst Lubitsch, Germania, 1919

Produzione: Biennale di Venezia ENPARTS, Teatro Fondamenta Nuove Venezia, The Place London, Tanzeshus Stockholm