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LOVE, YOU SON OF A BITCH

LOVE, YOU SON OF A BITCH

Alessandro Scarlatti fa i conti con l’amore e le sue insidie ​​in una delle sue cantate, composta verosimilmente nei primi anni del 1700, in cui lo definisce “brutto figlio de pottana”. Esercizi di interazione tra amore, successo professionale, frustrazione e disincanto, fino all’uccisione simbolica dell’amore stesso, vengono raccontati ed evocati in questa performance “gestuale” come istanze ormai assimilate alla condizione esistenziale dell’essere umano contemporaneo e della sua fragilissima condizione.

Renzini costruisce un racconto astratto ed onirico attraverso cantate sacre e profane del repertorio scarlattiano: nella cornice stilizzata di una palestra, luogo simbolico del perfezionamento e dell’esercizio, della cura del sé e del confronto con i limiti propri ed altrui, cantanti, musicisti e danzatori si alternano moltiplicando i propri gesti e le proprie funzioni in una performance installativa che racconta quanto l’amore e l’Eros siano, oggi come nell’epoca barocca, agonizzanti e soffocate sotto le sovrastrutture del vivere, del lavorare, dell’essere “all’altezza”. In questa palestra, al confine tra il sogno, l’incubo e la vita reale dove trova posto anche l’ironia, si consuma il delitto di ciò che resta dell’amore, un simulacro, un manichino, un feticcio orribile che irrompe con tutta la sua forza simbolica nello svagato tempo del training.

Questa sottile interpretazione, questa semantica accennata, questa popolarità trasfigurata prende corpo nella performance grazie agli arrangiamenti elettronici di Giuseppe Ielasi, che sottolineano gli “affetti” musicali tanto quanto quelli personali, nello stile del canto degli straordinari Lore Binon e Thomas Lichteneker, nelle performance sorprendentemente versatili dei musicisti, nei movimenti quintessenziali della danzatrice e coreografa Marina Giovannini e nella performance della violoncellista Okkyung Lee, a suo agio con il basso continuo quanto con i più intensi e spericolati interventi non convenzionali. I video proposti nel formato Instagram (il pubblico li osserva come estensioni delle devices dei singoli interpreti) sono insidiose finestre sul mondo reale, ponti virtuali tra lo spazio privato e quello pubblico, tra l’essere e il rappresentare.

Alessandro Scarlatti, che fu enormemente influente nella rivoluzionaria musica italiana del XVII e dell’inizio del XVIII secolo, oltre alle numerose opere compose quasi 800 cantate: è qui che il compositore sperimentava le innovazioni tipiche della sua scrittura, è qui che egli cominciava a sfidare e a innovare le leggi del contrappunto e del basso continuo, innovazioni che poi il figlio Domenico avrebbe reso radicali.

Con questo lavoro Renzini continua il suo percorso di scarnificazione dei repertori classici e contemporanei, che si reintegrano in nuove interpretazioni multidisciplinari. L’impianto collettivo e linguisticamente agerarchico della performance mantiene le caratteristiche stilistiche del dramma in musica barocco senza disattenderle ma piuttosto espandendole , sottolineandone così la forte carica innovativa e riconoscendone un’influenza che si sviluppa in filigrana fino alle forme ibride dello spettacolo contemporaneo.

GALLERY

ph. Gianmarco Bresadola

CAST

Concept, regia, video, costumi, set Letizia Renzini
Composizione elettroacustica Giuseppe Ielasi
Coreografia Marina Giovannini
Light design Simone Oestreicher
Fonica/Video Kristian Zepplin
Drammaturgia Jana Beckmann e Benjamin Wänting
Soprano Lore Binon
Controtenore Thomas Lichtenecker
Danza Marina Giovannini
Viloncello Okkyung Lee
Viola da Gamba Thomas Baeté / Irene Klein
Arpa Luise Enzian
Salterio Franziska Fleischanderl
Assistente alla produzione e regia Ana Cuéllar Valasco
Produzione Staatsoper Kaja WIedamann